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2006/1 Memopolitik – vom Umgang mit dem Gedächtnis der Gesellschaften

Primi passi verso una politica della memoria. Contributo all’elaborazione di uno strumento regolatore della gestione del patrimonio documentaristico

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L’Unità d’insegnamento e di ricerca «Politiche pubbliche e sostenibilità» dell’Istituto superiore di studi in amministrazione pubblica (IDHEAP) analizza da qualche anno la necessità di instaurare una politica nazionale della memoria in Svizzera (Peter Knoepfel/Mirta Olgiati, Politique de la mémoire nationale. Etude de base, Chavannes-près-Renens: Rapport de l’IDHEAP, 2005, et Mirta Olgiati, Politique de la mémoire nationale: la sélection du patrimoine documentaire en Suisse, Chavannes-près-Renens: Cahier de l’IDHEAP 224, 2005).

Le nostre ricerche in questo ambito si focalizzano – e si limitano per il momento – al patrimonio documentaristico svizzero inteso in senso lato, cioè come l’insieme delle informazioni prodotte, fissate su un supporto materiale e raccolte in modo volontario, razionale e selettivo. La politica della memoria in questo senso esclude dunque l’ambito dei ricordi e dei miti sociali, essa si occupa unicamente di beni materiali.

Due ragioni essenziali ci spingono a considerare la gestione del patrimonio documentaristico di pertinenza nazionale: anzitutto esso interessa tutto il territorio elvetico e le persone che ci vivono; secondariamente riteniamo che, in quanto bene collettivo il cui accesso deve poter essere garantito a tutti nei limiti delle legislazioni in vigore (in particolare la protezione dei dati, i diritti d’autore e diritti vicini), tale patrimonio deve sottomettersi al ruolo regolatore e integrativo dello Stato. A nostro parere, poiché fonte della memoria pubblica elvetica, il patrimonio documentaristico richiede una regolazione coordinata della sua gestione e della sua utilizzazione proprio come lo si fa abitualmente per lo sfruttamento delle risorse naturali classichePeter Knoepfel/Stéphane Nahrath, The Sustainable Management of Natural Resources, Chavannes-près-Renens: Cahier de l’IDHEAP 226, 2005..

Le nostre riflessioni attorno alla necessità di elaborare una politica della memoria si fondano essenzialmente sul quadro di analisi delle politiche pubbliche messo a punto da Knoepfel, Larrue et VaronePeter Knoepfel/Corinne Larrue/Frédéric Varone, Analyse et pilotage des politiques publiques, Genève/Bâle/Munich: Helbing & Lichtenhahn, 2001., che partono dal principio che una politica pubblica deve mirare a risolvere un problema d’ordine collettivo. Nel campo che ci interessa il problema pubblico maggiore che va aumentando col passare del tempo è il rischio della perdita o dell’inaccessibilità delle informazioni – in particolare nei processi di conservazione a lungo termine – consecutivo all’aumento esponenziale della produzione documentaria e allo sviluppo delle technologie numeriche (rischio di «alzeimerizzazione» sociale).

L’elaborazione di una politica pubblica della memoria – che abbiamo denominato Memopolicy – avrebbe quindi come scopo principale la risoluzione o almeno la riduzione di tali rischi, ma avrebbe pure numerose implicazioni positive:

– la gestione (anche finanziaria) del patrimonio documentaristico sarebbe notevolmente agevolata, soprattutto perché favorirebbe una più approfondita conoscenza di ciò che è prodotto, conservato e utilizzato;

– gli attori implicati nei processi di produzione, conservazione, utilizzazione – pubblici o privati, a livello nazionale, cantonale o comunale – potrebbero essere meglio identificati e il loro funzionamento interno meglio conosciuto;

– nell’ambito di una conservazione a lungo termine, una coordinazione più stretta permetterebbe di ridurre doppioni e lacune;

– la riflessione generale sull’utilizzazione delle nuove tecnologie per la conservazione dell’informazione sarebbe rinforzata e favorita.

Concetto

Nel corso delle nostre prime ricerche riguardanti la gestione del patrimonio documentaristico da un punto di vista legislativo e istituzionale, ci siamo resi conto che le conoscenze attuali in merito sono puntuali e non permettono di avere una visione globale della situazione. Mentre appare chiaro che ogni istituzione a carattere archivistico conosce perfettamente il funzionamento interno degli enti che le sono vicini o affini, uno sguardo più ampio sul paesaggio degli attori della conservazione documentaria è praticamente assente. Ci siamo quindi innanzitutto preoccupati di creare un quadro analitico, ossia un modello che ci permettesse di procedere ad uno studio empirico più approfondito su una scelta di attori istituzionali.

La memoria nazionale, insieme del patrimonio documentaristico accessibile, costituisce un bene pubblico (common good) risultante da un processo di produzione gestito dalle istituzioni archivistiche – in senso lato, dagli operatori – e che implica quattro tappe selettive:

(1) la memorizzabilità: la possibilità di poter fissare un’informazione su un supporto fisico appropriato;

(2) la dignità alla memorizzazione: la selezione dei documenti che meritano di essere conservati a lungo termine e di far parte del patrimonio pubblico;

(3) la memorizzazione effettiva: la possibilità di inventariare, classare, conservare i documenti in luoghi adeguati e sufficientemente capienti;

(4) l’accessibilità al pubblico: la possibilità o meno di poter accedere ai documenti e quindi alle informazioni.

Le quattro fasi del processo di produzione, che permettono di ridurre man mano la quantità di documenti che saranno accessibili al pubblico, dipendono a loro volta da quattro prestazioni, che attribuiscono agli operatori le capacità e i mezzi necessari per svolgere le loro attività selettive. La gestione di queste prestazioni dovrebbe distinguersi dalle attività degli operatori e dovrebbe essere attribuita a degli attori regolatori:

(1) la capacità di produzione di supporti adeguati alla conservazione documentaria;

(2) la capacità di giudizio, che permette di stabilire dei criteri per decidere di quanto è degno di essere conservato, vale a dire di stimare il valore archivistico dei documenti;

(3) la capacità di stoccaggio in termini di infrastrutture a disposizione, ma anche in termini di capacità di rendere i documenti utilizzabili;

(4) la capacità di mettere in valore i documenti, che dipende dai mezzi investiti per rendere i documenti effettivamente accessibili al pubblico senza che i supporti originali ne subiscano delle conseguenze negative.

Né i regolatori, né gli operatori possono esercitare un’influenza sulle due variabili esterne: la capacità di produzione dei dati, vale a dire la varietà, la quantità e la qualità della produzione documentaristica della società; e la capacità di generare un bisogno, una richiesta di informazione da parte della popolazione.

Materiale empirico raccolto

Questo modello è stato messo a punto per beneficiare di un quadro di analisi da applicare a qualunque operatore con scopi almeno in parte archivistici, affinché le caratteristiche di ciascuno potessero essere in seguito comparate indipendentemente dalla struttura giuridica dell’istituzione (di carattere pubblico, misto o privato), dall’orientazione tematica del suo compito archivistico (culturale, storica, amministrativa, sociale, economica, ecc.), dal tipo di supporti conservati (audiovisivi, fotografici, cartacei, ecc.) e dal grado più o meno elevato della funzione archivistica (biblioteca o centro di documentazione in opposizione ad archivio).

Nel corso del 2004 abbiamo così realizzato uno studio empirico su mandato della Biblioteca nazionale svizzera; sono state prese in considerazione dodici istituzioni molto diverse tra di loro, ma che sono tutte attive al di là dei limiti linguistici della loro regione e inglobano l’insieme del territorio nazionale: la Biblioteca nazionale svizzera, la Cineteca svizzera, la Fonoteca Nazionale Svizzera, la Fondazione svizzera per la fotografia, l’Archivio federale svizzero, la Biblioteca militare federale – Biblioteca e centro di documentazione DDPS, l’Infoteca FFS Historic, l’Archivio storico e la Biblioteca delle PTT, lo Schweizerisches Sozialarchiv, l’Associazione Biblioteche/Archivi d’architettura Svizzera (ABA_AR-CH), gli archivi di SRG SSR idée suisse, la Biblioteca centrale del Parlamento e dell’Amministrazione federale e la rete Alexandria. Lo studio del funzionamento di queste istituzioni è stato fatto sulla base di un’analisi documentaria e delle informazioni raccolte tramite una serie di interviste semi-direttive organizzate seguendo la struttura concettuale del nostro modello di ricerca, realizzate con le direzioni delle istituzioni e/o con i collaboratori e le collaboratrici responsabili delle attività archivistiche.

Risultati ottenuti

I risultati ottenuti permettono in primo luogo di conoscere meglio la natura del patrimonio documentaristico conservato dalle istituzioni selezionate e, in secondo luogo, di studiarle dal punto di vista della concezione analitica del processo di creazione della memoria nazionale. Le informazioni raccolte sul funzionamento istituzionale e legislativo delle istituzioni scelte, sulle loro competenze e la loro struttura interna, sulla natura dei dati, dei diversi supporti e delle collezioni conservati e, infine, sulla stima dei costi di funzionamento, hanno poi permesso di studiare il processo di selezione di ogni istituzione secondo le quattro tappe presentate precedentemente. I risultati raccolti sono essenzialmente descrittivi e possono essere riassunti come segue.

(1) Memorizzabilità: il potenziale di conservazione a lungo termine di un’informazione dipende sì dalla possibilità o meno di essere fissata su un supporto adeguato (per esempio per le informazioni che transitano sulla rete informatica), ma anche dalle possibilità che un documento ha di trovare la strada verso un’istituzione di conservazione. Per gli archivi è diventato infatti talmente difficile avere una visione generale di quanto viene prodotto ed eseguire una scelta ragionata dei documenti da conservare, che una prima selezione si opera spontaneamente e in modo implicito: sono salvaguardati i documenti ai quali si ha accesso, ed è la fiducia il fattore che spinge i produttori ad affidare i loro documenti agli enti competenti, specialmente in un paese in cui il deposito legale a livello nazionale non esiste. Negli ultimi anni si può tuttavia notare un interesse crescente per la patrimonializzazione, la quale favorisce il processo di archiviazione. Infine è necessario sottolineare che il funzionamento di raccolta dei documenti è diverso da un’istituzione all’altra a seconda della politica applicata (attiva o passiva), del tipo di raccolta (collezioni, fondi d’archivio, lasciti, ecc.) e del tipo di documento (testuale, visivo, sonoro, multimedia, ecc.).

(2) Dignità alla memorizzazione: durante il nostro studio si è dimostrato necessario distinguere i documenti nelle seguenti categorie: i documenti pubblicati, i documenti amministrativi, i documenti prodotti da privati e che non sono oggetto di pubblicazioni. I documenti pubblicati sono quelli che corrispondono in Svizzera alla definizione Helvetica: questo termine è utilizzato nel quadro delle attività della Biblioteca nazionale svizzera (art. 3 della Legge federale sulla Biblioteca nazionale svizzera del 18 dicembre 1992, RS 432.21) e delle istituzioni che partecipano formalmente alla realizzazione del suo mandato di collezione (la Cineteca svizzera e la Fonoteca Nazionale Svizzera), ma potrebbe senz’altro – e in parte lo è senza che la stessa terminologia sia per forza utilizzata – essere applicato da altre istituzioni. I documenti amministrativi sono essenzialmente quelli conservati dall’Archivio federale svizzero e da tutti gli archivi che applicano la Legge federale sull’archiviazione del 26 giugno 1998 (RS 152.1). Essi sono in gran parte prodotti dalla Confederazione: una quantità considerevole è composta da documenti interni all’amministrazione e sottomessi a dei termini di protezione. I documenti prodotti da privati (persone fisiche o morali) e che non sono oggetto di pubblicazioni non sono salvaguardati dalle istituzioni formalmente incaricate della conservazione documentaria a livello nazionale; questo non significa però che essi non abbiano la loro importanza in termini di patrimonio, al contrario. Questi documenti sono infatti custoditi dai loro stessi produttori, come nel caso di SRG SSR idée suisse, oppure da istituzioni specializzate su un tema particolare, come lo Schweizerisches Sozialarchiv (per i documenti riguardanti i movimenti sociali) o l’associazione ABA_AR-CH (per i documenti riguardanti l’architettura).

Abbiamo potuto constatare che le istituzioni interrogate (con l’eccezione della Biblioteca centrale del Parlamento e dell’Amministrazione federale e della rete Alexandria) considerano che la conservazione del patrimonio documentaristico fa parte dei loro compiti, ma che una definizione consensuale di ciò che lo costituisce non esiste; la scelta è sottomessa ai doveri, ma anche agli interessi, dei singoli operatori. Nella pratica quotidiana, la selezione dei documenti che sono degni di essere conservati è fatta seguendo dei criteri formali (stato di conservazione, organizzazione dei fondi, volume, ecc.), tematici (pertinenza rispetto all’ambito di collezione, all’interesse degli utilizzatori o delle ricerche svolte), o utilitari.

Poche istituzioni appaiono in chiaro sui criteri generali di selezione, questo in conseguenza del fatto che essi variano in funzione del tipo di raccolta (documenti individuali, collezioni, fondi, lasciti, ecc.). È emerso però che nel caso delle collezioni, che richiedono una politica di raccolta molto attiva, esistono delle chiare linee direttive.

(3) Memorizzazione effettiva: tutte le istituzioni prese in considerazione si preoccupano costantemente di conservare i documenti in buono stato, di restaurarne i più preziosi, di renderli accessibili (inventari, classificazioni, ecc.), di fare in modo che siano ben protetti e che lo spazio a disposizione per lo stoccaggio resti sufficiente. I problemi che si pongono in questo campo sono legati alla durata di vita sempre più limitata dei supporti originali e degli apparecchi di lettura, come pure all’utilizzazione necessaria – ma che richiede grossi investimenti – di tecnologie numeriche per creare delle copie di utilizzazione e per favorire la circolazione delle informazioni. Le istituzioni di conservazione dipendono interamente dalla produzione commerciale dei supporti e degli apparecchi di lettura e l’interesse di questo mercato è di limitarne la resistenza. Questi problemi sono strettamente legati all’insufficienza di mezzi finanziari a disposizione, in particolare per le ricerche e i progetti a lungo termine.

(4) Accessibilità al pubblico: le istituzioni sono coscienti del fatto che l’accesso ai lettori è la condizione sine qua non che giustifica l’investimento di mezzi ed energie nella salvaguardia a lungo termine del patrimonio documentaristico nazionale. I mezzi finanziari a disposizione sono un fattore che condiziona sensibilmente anche quest’ambito.

Abbiamo constatato che le istituzioni studiate funzionano cumulando i ruoli di operatore e di regolatore; il compito del regolatore è compiuto implicitamente nella grande maggioranza dei casi dalla direzione. Di conseguenza, le regole, le strutture, la gestione e la politica di funzionamento possono variare considerevolmente da un caso all’altro. Le istituzioni che raccolgono e conservano dei supporti simili comunicano tra di loro e si vedono come parte di una rete, e questo specialmente nel campo audiovisivo grazie al ruolo federalista che svolge Memoriav. Una comunicazione trasversale tra le istituzioni di raccolta e di conservazione di supporti fondamentalmente diversi non ha attualmente luogo, il che avvalora l’impressione che ciascuna di loro deve affrontare problemi espressamente legati al proprio particolare ambito: durante le interviste svolte abbiamo però potuto constatare che le principali questioni di cui si preoccupano le istituzioni sono le medesime.

Il ruolo di salvaguardia del patrimonio documentaristico, che dovrebbe essere assunto dalle istituzioni a carattere archivistico (cioè dagli archivi nel senso letterale e funzionale del termine), è spesso svolto da istituzioni che hanno un ruolo misto e le cui attività sono a volte difficili da distinguere. Inoltre, i nomi delle istituzioni sono sovente ingannevoli anche se il loro compito è ben definito: l’esempio più evidente è quello della Biblioteca nazionale, che svolge essenzialmente il ruolo di archivio. Riteniamo che il problema delle lacune e del rischio di conservare dei doppioni segua questa scala di polarizzazione: consideriamo che l’esistenza di lacune è più probabile tra gli operatori che si occupano della salvaguardia e della protezione dei documenti originali, mentre i doppioni, per altro necessari, sono probabilmente presenti tra le istituzioni la cui principale aspirazione è di mettere a disposizione un massimo di documenti e informazioni ai loro lettori.

Progetti futuri

Questo primo studio ha confermato la necessità di approfondire le conoscenze generali sugli aspetti istituzionali della conservazione del patrimonio documentaristico nazionale. Riteniamo infatti che le istituzioni interessate da una futura politica della memoria non sono unicamente quelle che operano a livello nazionale, visto che la gran parte del patrimonio documentaristico è conservato ad altri livelli politico-amministrativi (cantoni, comuni), ma anche da enti privati. Inoltre, sarebbe di grande interesse pedagogico comparare la nostra situazione a quella di un altro paese federalista e plurilingue. Le ricerche svolte fin’ora sono insufficienti per iniziare l’elaborazione effettiva di una politica pubblica della memoria. Siamo dunque del parere che lo studio sullo stato attuale del patrimonio documentaristico, come della sua gestione, meriti di essere proseguito.

Le nostre ricerche in questo campo affascinante e di grande interesse, praticamente ignorato fino a qualche tempo fa, continuano dunque con lo scopo di portare un contributo ad una futura elaborazione di una politica della memoria in Svizzera, la cui importanza non sembra attualmente contestata e che dovrebbe dunque poter beneficiare di un appoggio politico conseguente.

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Mirta Olgiati

Collaboratrice scientifica, Istituto superiore di studi in amministrazione pubblica, Losanna

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Le patrimoine documentaire représente une part importante du patrimoine culturel d’un pays et en constitue la mémoire collective. L’augmentation de la production documentaire et l’entrée en jeu des nouvelles technologies ont paradoxalement accentué le danger de disparition de ce patrimoine essentiel sur lequel se construit notre avenir commun. C’est pourquoi il s’avère indispensable de mener une réflexion approfondie sur les moyens à notre disposition pour résoudre ce problème public dont l’importance ne fait que s’accroître. L’étude de l’état actuel du patrimoine documentaire en Suisse, ainsi que de sa gestion institutionnelle, constitue le premier pas à accomplir dans le but d’élaborer une politique publique de la mémoire susceptible d’offrir des réponses à ces nouveaux défis.